Sono stata da sola a Tirana per tre giorni, al mio ritorno da un progetto in Kosovo, prima di visitare il nord dell’Albania e da lì Montenegro, Serbia, Bosnia-Herzegovina e Croazia.
Da Pristina ho preso un minibus che in quattro ore circa mi ha portato nella capitale albanese. Ero seduta accanto ad una bella signora ornata da mille gioielli dorati, che ha iniziato a raccontarmi la storia della sua vita in un misto di lingue, perlopiù sconosciute. In poco tempo il minibus si è trasformato in un mini-concerto balcanico. Tra una canzone e l’altra, sparate alla radio a tutto volume con il coro di passeggeri che cantava a squarciagola, ho conosciuto una ragazza albanese, carina e socievole, originaria di Durazzo. Parlava un italiano perfetto, nonostante non avesse mai vissuto in Italia. Tornava a casa via terra dall’Austria, dove studiava all’università. Mi ha raccontato di quanto l’Albania fosse cambiata negli ultimi anni, dell’interessante rapporto tra il popolo albanese e quello kosovaro e delle tradizioni uniche del suo paese.

La frontiera tra Kosovo e Albania non l’abbiamo proprio avvertita: il minibus ha rallentato un secondo, la polizia di frontiera ha chiesto informazioni all’autista, che da quanto ho capito ha urlato: “sono tutti locali, nessuno straniero!”, quindi abbiamo proseguito senza nessun controllo dei documenti. Una volta a Tirana, con il rimbombo alle orecchie per la musica altissima, un invito a gustare un pranzo di pesce a Durazzo dalla ragazza appena conosciuta e una proposta di matrimonio dal figlio della signora dai mille gioielli dorati, è iniziata la mia piccola avventura in Albania, da sola a Tirana.
Tirana è un posto strambo (in senso buono!): a tratti sembra di essere in una dimensione parallela dell’Italia degli anni ’90, a tratti in un paese non meglio identificato del blocco comunista degli anni ’80, a tratti in un Occidente moderno, consumista e sfrenato, con insegne lampeggianti e neon accecanti. L’impressione che ho avuto è stata davvero positiva, nonostante i contrasti e le assurdità. Tirana è una città dai mille volti: nella stessa via ci s’imbatte in moschee, chiese, monumenti in stile sovietico e attività commerciali bizzarre (tra cui negozi di animali -con tanto di scimmie in vendita in vetrina).
Se amate i luoghi dall’identità plurima e complessa, non potrete che innamorarvi di Tirana.

Come donna sola non mi sono mai sentita in pericolo. Ho camminato a piedi, anche di sera, senza nessun problema. Forse se tornassi indietro, sceglierei un hotel più centrale (il mio era verso nord, ad una ventina di minuti a piedi dal centro), però mi sono trovata bene anche così. Mi sono rilassata, ho esplorato i mercati del centro e mi sono concessa una lunga serie di pasti regali ad una cifra insignificante (di cui ho discusso le portate con i camerieri categoricamente in italiano).
Da non perdere durante una visita in città è la piazza Scanderbeg, per molti anni principale teatro del regime comunista, in cui spicca la statua dedicata a Scanderbeg, l’eroe locale famoso per la vittoria contro gli Ottomani. Accanto era presente un monumento dedicato al dittatore Enver Hoxha, che però fu distrutto alla caduta del regime, all’inizio degli anni ’90. Nella piazza si può anche visitare la moschea Et’hem Bey, costruita nel 1789: una delle più antiche e belle moschee della città, motivo per cui fu risparmiata dalla pulizia distruttiva del regime comunista.

Da non perdere anche il Museo Storico Nazionale Albanese, che illustra tutte le fasi della storia del paese, che vanta di un bel mosaico all’esterno, intitolato “Albanesi” e considerato un capolavoro del Realismo Socialista Albanese, raffigurante il popolo nelle varie fasi storiche, dagli Illiri ai partigiani. Non lontano si trova anche la Torre dell’Orologio, uno dei principali simboli della città: è possibile salire in cima e godere di una bella vista panoramica. Fu completata grazie all’usanza musulmana delle famiglie più ricche di donare la decima parte dei loro guadagni annuali in beneficenza o al finanziamento di opere pubbliche. Sempre a breve distanza si trova la Piramide di Hoxha, mausoleo del dittatore Enver Hoxha, che più volte ha rischiato la demolizione dopo la fine del regime: oggi è principalmente uno spazio culturale. Meritano una visita anche: il quartiere Blloku, in cui un tempo vivevano i funzionari del regime e che oggi pullula di ristoranti e locali cool e un po’ hipster, dove si respira la voglia dei giovani albanesi di essere parte di un’Europa moderna e all’avanguardia; il Museo dei Servizi Segreti, anche definito casa delle foglie; la Galleria di Arte Nazionale; il TICA (Tirana Institute of Contemporary Art); il Bunk’Art, il più grande bunker antiatomico costruito ai tempi della dittatura e certamente il mercato centrale dove godere di odori, colori e sapori tradizionali.
Alla mia partenza, ho lasciato Tirana con una bella sensazione, un sapore misto tra il familiare e l’esotico.
Mi sono piaciute soprattutto le persone che ho incontrato, gentili e ospitali, che mi hanno aperto una finestra sul loro mondo interessante e sconosciuto, per certi versi lontano, ma allo stesso tempo così vicino.
Bel commento,
il suo effetto fare il valigiotto e andare….