Hai presente quella voce che ti parla con calma, senza urlare, la voce dell’anima o del passeggero maestro come nella metafora della carrozza di Gurdjeff? Lei sa, ti dice il vero, ciò che è “giusto” per te in quel momento. Ecco, Io non l’ho ascoltata.
Non sono stata a sentire il corpo, il ciclo mestruale e non mi sono nemmeno accorta della differenza tra una prenotazione e un titolo di viaggio intercontinentale. È stato per questo motivo che il 7 Maggio del 2018 mi sono trovata davanti al check-in di Air France e ad una hostess che non mi trovava nella lista dei passeggeri.

Avevo “acquistato” un volo Milano-Buenos Aires sul sito Travelgenio che aveva ritirato il denaro senza emettere il biglietto aereo ma solo una prenotazione, e io, che negli ultimi 3 anni avevo comprato più di 150 titoli di viaggio per lavoro e qualcuno anche per me, non me ne ero accorta. Sì, l’organizzazione era stata complessa, anche la gestione burocratica di tutto mentre si è via e anche la fine stressante del lavoro.
C’era di più però: una vocina che mi chiedeva di non partire (e così facendo ribaltava tutti i miei piani!)
Avevo immaginato questo lungo viaggio in Sud America negli ultimi due anni, esattamente da quando ero tornata dal mio anno vagabondo magrebino ed avevo ricominciato a lavorare a Bologna. Ci fantasticavo sopra perché i viaggi hanno caratterizzato, per un triennio, la mia identità e sono stati fonte fertile e generosa di crescita personale e vitalità. Erano così tanto parte di me da dare – quasi – per scontato che partire fosse sempre la scelta giusta.
Questo sogno era cambiato nel tempo prendendo una forma finale apparentemente perfetta: un mese con Workaway in una tango house di Buenos Aires ed altre 4 settimane tra nord dell’Argentina. Poi Cile
e Bolivia, a caccia del Salar de Uyuni, dei rituali legati al culto della Pachamama e ai paesaggi toglifiato delle montagne andine.

Non mi ero fermata davanti a un’anca dolorante, a un alluce che mi impediva di ballare sui tacchi, ad un ciclo mestruale impazzito. Non mi ero fermata nemmeno con il magone che mi veniva pensando di allontanarmi, così tanto tempo, dall’uomo conosciuto durante l’ultimo inverno. E allora mi ha stoppata la Vita.
Dopo una estenuante telefonata con il call center del sito, dopo aver pianto, gridato, dopo essermi agitata ho finalmente compreso.
Partire non è sempre la scelta giusta.
Sono tornata a casa e sono rimasta tre giorni nel corpo: nel luogo della saggezza. Ho zappato la terra del giardino, ho fatto la mia prima lezione di yoga (che godimento!), ho ballato, ho impastato il pane. Ho fatto tutto ciò che le mie mani desideravano fare e ho cercato di non pensare.

È stata un’occasione anche per conoscere meglio le persone che avevo intorno, alcune delle quali mi hanno sollecitato: “Prendine un altro e vai!”. Le sorelle, le amiche dell’anima però già sapevano: “Non è tempo, stai nel flusso”.
E così ho fatto, sono partita alla scoperta del mio nuovo viaggio professionale. Ho trascorso l’estate cucendo i miei abiti e partecipando ai mercatini con l’obiettivo di farne una attività lavorativa. Dando fiducia e lasciando spazio, sono arrivate nuove idee e nuove belle collaborazioni che riescono finalmente ad integrare le mie passioni: i viaggi, il sociale, il tango, il cucito.
Per tre mesi mi sono allontanata al massimo per 70 km da casa e poi è tornato, forte come una cascata, il bisogno di partire, di andare a curiosare in giro per il mondo e così ho prenotato prima la Tunisia e poi il ritorno a Lampedusa, piccola isola che mi chiama da quando l’ho lasciata lo scorso settembre.
Questa non-Argentina è stata una benedizione perché mi ha regalato la possibilità di costruirmi una vita su misura il cui motore sia il cuore. Mi ha, inoltre, insegnato che i viaggi non sono rimandabili ma sono una prosecuzione della vita quotidiana (e non una fuga da essa). I viaggi vanno fatti quando chiamano – almeno per me ed almeno ora – eventualmente in versione ridotta, ma nel giusto tempo.
Ho capito poi di essere cambiata e di volermi accettare in questa nuova versione più radicata, più innamorata, con meno voglia di stare lontana troppo tempo.
E va bene così, vanno bene i piani B (spesso più “giusti” di quelli A), va bene partire ma anche partire non è sempre la scelta giusta. L’unica cosa di cui mi importa è di stare bene.
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