Pizza, mozzarella di bufala, ragù della nonna, fritti, babbà, sfoglietelle, zeppole e panzarotti. Uno dei miei obiettivi del mio viaggio da sola a Napoli era il cibo e posso dire che la città non mi ha deluso, nonostante non fossi fisicamente in grande forma.
Non solo è stata all’altezza delle mie aspettative, ma mi ha insegnato la regola della tavola: a Napoli, nessuna mangia sola. E’ inconcepibile che questa giovane donna scelga di farlo. Lo scegliesse altrove, sembrava mi dicessero gli sguardi dei camerieri alla mia richiesta di tavolo singolo.

Ecco come è andata: La prima sera ero arrivata in città da poche ore e non me la sono sentita di lanciarmi nella ressa davanti alla Pizzeria “Di Matteo” di via dei Tribunali, ho preferito quella (più a portata di bolognese, seppur zingarella, ma sempre bolognese) davanti a “Il Presidente”, nella stessa via.
Ho atteso circa una mezz’ora prima di entrare, guardando i passanti: motorini, unghie super laccate, eleganza ostentatissima, gran vociare e sorrisi gratis a profusione. Aspettando, inizio a chiacchierare (Io, cioè quella ex bambina timidissima) con una coppia di cinquantenni. Sono bellissimi e ti fanno pensare che, anche dopo un matrimonio concluso, l’amore sarà possibile di nuovo, sempre e ti farà brillare gli occhi (azzurri, di entrambi) ancora, e ancora. Beh, romanticismo a parte, i miei due genitori adottivi mi hanno invitato a cena e mi hanno offerto la pizza margherita più gustosa della mia vita.
Chiacchiere, confidenze che si fanno solo agli estranei in viaggio, abbracci.
Buona vita!
E il mio quaderno è rimasto nello zaino.

La seconda sera ci riprovo: mi pettino e mi trucco per il mio appuntamento con me stessa e vado dal “Lattaro” di via dei Tribunali, cioè Antonio.
Ordino un tagliere composto da mozzarella di bufala, olive ripiene di mandorle e salumi campani. Vuoi anche un bicchiere di rosso? Ma ovvio.
Dunque sono io, il rossetto, il mio quaderno, il vino e il tagliere.
Questa immagine ha resistito 4 minuti, ubriaca dal latte della mozzarella (e dal vino) inizio a chiacchierare con le mie vicine: tre signore in viaggio, due di origini napoletane e una divertitissima toscana.
Da lì, la conversazione si espande a due ragazzi italiani che lavorano in Inghilterra: il nerd e l’amico Michele. Le nostre risate contagiano una coppia nell’ultimo tavolo libero ed è festa!
Io non ve lo so dire come è successo ma, ad un certo punto Antonio, il proprietario, è diventato il regista di una romantica improvvisazione teatrale tra me e il nerd innamorato – dev’essere stato merito del rossetto! – dispensando consigli di vita da uomo e filosofo dei vicoli di una città unica al mondo per energia. Andateci a mangiare da Antonio, di solito chiude alle 21.30, ma quella sera alle 23 eravamo un’unica grande tavola che sembrava di stare in famiglia.
Nella pagina di diario ho scritto solo 4 righe.

La terza sera stavo già ridendo all’idea di andare a cena. “Devi andare da Nennella” mi ha scritto un’amica e l’indicazione si sposava con la mia voglia di visitare i Quartieri Spagnoli. Ci arrivo alle 19, ed entro riempendo uno degli ultimi posti del primo turno: cento persone aspettano fuori e i camerieri festeggiano trasmettendo, a volume napoletano, musica reggaeton, lanciando piatti a terra e invitando le signore a ballare.
Al momento di ordinare, un omone gigante inizia a urlare il menu e i commensali alzano la mano scegliendo il piatto desiderato, lui conta e poi i colleghi portano il cibo fumante.
“Pasta e patate, devi mangiare” mi aveva consigliato la mia host Airbnb. E pasta e patate sia, piatto povero composto da avanzi di pasta, patate lesse, provola sciolta e un pochino di pancetta, che ti fa immaginare il pezzetto di carne domenicale delle famiglie del centro storico con sette figli e mezzo stipendio.
Dopo aver mangiato, fuori tutti e avanti il secondo turno. Io mi sono seduta nella piazzetta di fronte e… finalmente, ho scritto.
Se è vero che a Napoli non ti senti mai sola, lo è ancor di più al momento di mangiare, momento sacro indipendentemente dalla qualità e dal prezzo del pasto.
E allora grazie a Napoli, alla sua gente che la rende quello che è.
Il posto giusto dove chiudere un anno geniale e festeggiare i miei (primi) 30.
A presto.
Ecco, perfetto. Adesso come faccio a continuare a lavorare dopo aver visto tutte queste cose deliziose da mangiare? Per me Napoli rimane una grandissima citta’, che ti avvolge con l’unicita’ di chi la vive e ti inebria di olio di oliva e di tante cosine deliziose. Post super divertente, ma adesso ragazze ho fame sul serio!!! 🙂
Bellissimo post Barbara!
Hai scelto una grande città per festeggiare i tuoi 30 🙂
Grazie mille! Sìì…. è stato bellissimo, giorni leggeri, pieni di bellezza e libertà.
Proprio come i miei 30….