
Lettere dalla Siria è una raccolta di lettere scritte da Freya Stark, esploratrice, cartografa e scrittrice inglese, durante il viaggio, compiuto negli Anni Venti, che la portò da Venezia alla Siria e, poi, alla Palestina.
Si tratta di scritti particolarmente interessanti non solo perché raccontano di luoghi magici ma che, purtroppo, oggi sentiamo troppo spesso tristemente nominare per guerre e tensioni socio-politico varie, ma anche perché redatti da una delle prime donne occidentali ad aver viaggiato nel deserto arabo.
Freya Stark è stata una di quelle donne che dobbiamo ringraziare per averci aperto la strada, un’icona della libertà e dell’emancipazione femminile, una persona che decise di sfidare la società dell’epoca per seguire le proprie aspirazioni.
Voleva imparare l’arabo ed esplorare nuovi Paesi così, nonostante le innumerevoli difficoltà da affrontare (dai permessi da ottenere alle guide da trovare fino allo scetticismo dei contemporanei), partì per un viaggio di due anni in Medio Oriente, perseguendo un’ideale:
«Sentire e pensare e imparare; imparare sempre, questo soltanto significa essere vivi»
La partenza fu a Venezia, da dove raggiunse prima Atene, Rodi e Cipro, quindi Beirut e il villaggio di Brumana, dove si fermò per mesi a studiare l’arabo. Dopo di che Damasco e Gerusalemme, raggiunto con un lungo viaggio attreverso la Palestina, per lo più condotto a dorso d’asino e nel mezzo di una rivolta locale contro il mandato francese
Queste erano già allora zone calde, regioni divise da tensioni antiche e altre più recenti: era il periodo in cui si scontravano le ragioni di chi stava cercando di mettersi al passo con l’Occidente, dimenticando, però, la propria identità, e chi ostinatamente continuava a non voler abbandonare una “vita genuinamente selvaggia“, come la definisce la Stark.

Si tratta di lettere che sono, quindi, un’importante testimonianza storica ma non solo: Freya Stark, a differenza di molti altri Europei del tempo, preferisce passare tempo con Arabi e Drusi piuttosto che con connazionali, cercando il più possibile, di scoprire e capire la vita locale, osservando le persone e le loro abitazioni, parlando la loro lingua, alla ricerca dello spirito più profondo dei luoghi e di coloro che vi abitano. Vuole capire le contraddizioni mediorientali, comprendere uno stile di vita tanto diverso dal suo, scandito da fatica e durezza e, soprattutto, visti i continui spargimenti di sangue, dalla frangibilità di tutto ciò che si è e si ha.
«L’appassionato interessamento per una civiltà tanto diversa ti dà un’improvvisa nuova visione della tua; di fatto la più opportuna per uscire dal mondo ed esaminarlo oggettivamente.»
Questo viaggio è, quindi, un modo anche per riesaminare se stessa, la sua vita, la sua cultura di origine, scoprendo e riscoprendosi, mettendosi in discussione e tornando a riconoscersi, magari attraverso il volto di qualcun altro o l’odore della terra.
E’ proprio questo che mi ha colpita di più di questo libro, il pensiero che quasi un secolo fa una donna decideva di viaggiare da sola in zone tutt’altro che semplici e lo faceva ad occhi spalancati e mente aperta, con un sincero interesse per ciò che le stava intorno e una spiccata propensione a mescolarcisi un po’.
«Forse la gioia della scoperta non risiede in quello che ci risulta strano, quanto piuttosto nell’improvvisa consapevolezza che siamo a casa in un nuovo orizzonte, (…) che il nostro cuore o il cervello, viaggiatori esperti ma smemorati, riconoscono con gioia.»
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**l’immagine di copertina è la copertina del libro “Lettere dalla Siria” edito da La vita felice
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