La mia passione per i viaggi si manifestò per la prima volta quando, ancora adolescente, sognavo l’Africa a occhi aperti, mi perdevo davanti a immagini di tramonti incredibili con sagome di elefanti all’orizzone e fantasticavo sul richiamo che sentivo provenire da questa terra lontana.
Un giorno, mentre ero a casa dei miei nonni, mi imbattei in questo film, “La mia Africa“, e me ne innamorai, inebriata dal profumo di romantica libertà che lo impregna.
L’ho riguardato di recente, ho letto il libro da cui è tratto e continuo ad esserne affascinata non solo per la stupenda ambientazione ma anche per la forte e anticonformista figura della protagonista, che non può non colpire chi, come me, ha fame di amore, libertà, autodeterminazione e scoperta di mondi altri.
Devo dire che, da appassionata lettrice quale sono, solitamente preferisco concentrare la mia attenzione sui libri piuttosto che sui film da essi tratti, che, per altro, vedo sempre, rimanendone, però, spesso delusa. E’ vero, il linguaggio letterario e quello cinematografico sono diversi e non paraganabili ma, appunto per questo, mi aspetto che un film riesca a darmi una specifica suggestione valevole quanto un’altra regalatami dal libro, anche se differente. Putroppo molte volte non è così.
Il caso de “La mia Africa“, invece, è diverso: sono entrambi dei capolavori, almeno a mio parere. Il romanzo riesce a trasportare il lettore nella selvaggia, antica, appassionata e bistrattata Africa mentre la pellicola si concentra di più sulla romantica storia d’amore che la protagonista vive con un uomo e che le fa scoprire cosa siano la passione e la libertà ma entrambi sono portatori di un’essenza particolare fatta di avventura e poesia, entrambe fuse nella figura della protagonista.

Il romanzo, pubblicato nel 1937, è la storia autobiografica della baronessa danese Karen Blixen, che, assieme al marito, si trasferisce in Kenya a inizio Novecento e finisce per innamorarsi perdutamente di questa terra, nonostante i quasi vent’anni vissuti lì le riservino anche molti dolori e difficoltà (la separazione dal marito, una grave malattia, la bancarotta).
Il tema dominante del libro è proprio il rapporto che lega la baronessa all’Africa, alla sua natura potente e al popolo Kikuyu, una delle numerose etnie kenyote e quella con cui lei entra maggiormente in contatto e che, poco alla volta, impare a conoscere e a comprendere.
Karen Blixen riesce, con il suo racconto, a farci respirare l’immensità degli spazi africani così come a farci intuire il rapporto problematico tra quella terra non più libera e i colonizzatori europei, di cui lei è pur sempre parte ma dal cui punto di vista prende in buona parte le distanze, arrivando persino a sostenere che l’Africa sia più pura dell’Europa e più vicina al mondo che dio aveva preparato per gli uomini.

Sydney Pollack, nel 1985, gira l’omonimo film, ispirato al libro della Blixen.
La straordinaria Meryl Streep veste i panni della baronessa e Robert Redford di Denys, un uomo di cui lei si innamora perdutamente e che le insegna molto sull’Africa e sulla libertà. Nel romanzo questo rapporto è appena accennato ma Pollack riesce qui a farlo diventare perno centrale della storia senza banalizzare tutto il resto e, anzi, riuscendo a far battere romanticamente il cuore a noi spettatori. Il background di questo emozionante rapporto contribuisce poi a rendere la pellicola indimenticabile: i paesaggi sono mozzafiato e la ricostruzione del periodo coloniale è così accurata che è facile rimanere imbrigliati, anche dopo la visione del film, in un mondo fatto da crinoline e scotch così come da leoni e terra brulla, il tutto imbevuto nei drammi europei riversati su una terra che non avrebbe dovuto subirli.
Questo film mi ha toccata in passato e lo ha fatto di nuovo in tempi più recenti, mi ha toccata non solo per il mio sogno africano ma perchè sono una viaggiatrice e lo sono esattamente un secolo dopo rispetto a questa incredibile forte e dignitosa donna.
So quanto sia difficile ancora oggi riuscire a essere libere di vivere la propria vita, soprattutto se questa è fuori dai soliti canoni.
So quanto possa far paura provare a vivere i propri sogni e so quanto faccia male cadere, rialzarsi e cadere ancora.
Ma so anche che la felicità che deriva dal vivere la vita che si sente propria vale tutti gli sforzi e le delusioni.
E allora rendo onore a una grande donna del passato, una tra quelle che ci hanno aperto la strada, una di coloro che non vanno dimenticate,
una donna che ha viaggiato, scoperto, amato,Vissuto.
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