Tra l’inverno e la primavera scorsi ho completamente cambiato la mia vita; da ogni punto di vista io la guardassi, non potevo che notare degli stravolgimenti. Mi sentivo aperta, fragile, libera e terrorizzata allo stesso tempo, con un cuore tatuato sul collo, simbolo della voglia di mettere “la verità della pancia” al centro delle mie scelte.
Avevo bisogno di prendere aria, di sfiorare i miei limiti, i confini del “mio giardino”, ma soprattutto “avevo bisogno di stare un po’ con la mia nuova me”.
Avevo sempre desiderato fare un viaggio in solitaria, di stare via un po’ di tempo e di tornare in “Africa”. E le vie di mezzo non mi sono mai piaciute.
Una sera, accompagnata da musica e candele, disegnai l’itinerario su un atlante, lo feci quasi per gioco, come uno dei tanti progetti ideati ma mai realizzati, tra le altre cose, per mancanza di coraggio. Qualche giorno dopo ne parlai con un’amica, mi sembrò un’idea folle, ma nello stesso momento, mi sentii libera, felice e forte. Avevo bisogno di andare via.
Da quel momento, ricordo che l’Universo si organizzò per mostrarmi che la strada era giusta e tante cose si incastrarono perfettamente.
I giorni passavano e io oscillavo tra l’eccitazione, la paura e un senso di estraneità, come dire “non sta capitando davvero a me”, poi a ridosso della partenza, un amico mi inviò questo messaggio: “Un giorno ti sveglierai e non avrai più il tempo di fare le cose che avresti sempre voluto fare. Falle adesso. – Paulo Coelho”. La voglia di partire era più grande della paura. Volevo andare via.
Il progetto era questo: Bologna – Algeciras percorrendo tutta la costa della Francia e della Spagna, traghetto fino a Tangeri, nord del Marocco (in particolare Chefchaouen) e un unico aereo prenotato: Casablanca-Nairobi. Tempo: 3 mesi. Uno zaino, un quaderno, la macchina fotografica e l’MP3. Il mio contatto era un progetto di sartoria sociale di una ONG che lavora in Kenya.
Avevo inserito tutto: il mare, il sole, il camminare, il ritorno lento in Africa, via terra, graduale tramite il Marocco, il Kenya e anche il cucito.
Poi, circa una settimana prima di partire, mi resi conto di aver fatto il passo più lungo della gamba, Capii di aver stravolto tutto nella mia vita, ma di essere rimasta quella di prima, capace di lanciare sempre il cuore troppo lontano per poi doverlo rincorrere con il fiatone. E qui fu la mia occasione di cambiamento: mi promisi che mi sarei potuta fermare, che sarei potuta tornare indietro se ne avessi sentito l’esigenza.. avevo un grande bisogno di trattarmi con dolcezza.
Il 3/6/2015 partii, abbracciai mia madre e salii sulla macchina del passaggio BlaBlaCar per Genova, prima tappa. Arrivata all’Air B&B prenotato, varcai la porta di ingresso e cominciai a piangere. Avevo paura, o meglio: ero completamente terrorizzata.
Mi accolse una mamma, una famiglia thai-australiana in viaggio tra tre anni – Ma perchè lo fate? La risposta fu un sorridente “Perché no?” – uno scrittore americano in cerca di ispirazione in Italia e un giovane aspirante marinaio. Fu subito famiglia!
Mi promisi di non prendere decisioni sull’onda della paura – e di non farlo nemmeno quando sarei stata triste o arrabbiata – e proseguii dandomi tempo, affidandomi al mare, alla musica, ai “segni”, al sole, alla scrittura e alla pratica buddhista.
I nodi si sciolsero e la paura scivolò via lentamente.
Continuai a camminare con il mio zaino (troppo) pesante sulle spalle e ogni sera notavo una lentiggine in più sul mio viso e uno sguardo più allegro, più amorevole.
Perché questa nuova ME mi piaceva, era socievole e solare, ma allo stesso tempo amava tanto stare da sola. Scoprivo ogni giorno di potermi sentire “a casa” ovunque e con chiunque. Libera. Selvaggia.
Mi ero concessa di tornare a casa se lo avessi desiderato, prima di mettere piede “in Africa”, ma quando arrivai a Valencia, mi accorsi che l’urgenza era sparita, che non avevo più bisogno di “ricaricarmi“, stavo bene a fare quello che stavo facendo.
Percorsi tutto l’itinerario previsto e arrivai a farmi il bagno nell’Oceano Indiano di Diani Beach, in Kenya, sotto la Luna Piena, dove piansi di gioia e gratitudine. A lei, Luna, affidai il mio cuore.
Non feci tutto il tragitto sforzandomi, ma cercando di ascoltarmi, cercando di “trattarmi come se fossi mia figlia“, provando a respirare e a lasciare andare i nodi, le manie di controllo, le aspettative e i programmi.
Viaggiando ho scoperto un senso dell’orientamento che non credevo di avere e una capacità di adattamento niente male. Ho rispolverato il mio Problem Solving e le lingue straniere, ma soprattutto, mi sono scoperta protetta nel mio cammino, ho incontrato più “fratelli e sorelle” che “persone speciali”.
È soprattutto grazie a questa esperienza che sto imparando a rispettare me stessa e i miei desideri, ad essere socievole o solitaria in base solo alle mie sensazioni, a prendere decisioni autonomamente e a credere che tutto è possibile, volendo!
Sono grata a me stessa per essermi data l’occasione di provarci e di averlo fatto, forse per la prima volta, con amorevole ascolto.
E l’ho fatto e lo rifarei, mille volte ancora, perché:
“Conosco delle barche che restano nel porto per paura, che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto, per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire, hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove, il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.
Conosco delle barche talmente incatenate, che hanno disimparato come liberarsi.
Conosco delle barche che restano ad ondeggiare, per essere veramente sicure di non capovolgersi.
Conosco delle barche che vanno in gruppo ad affrontare il vento forte al di là della paura.
Conosco delle barche che si graffiano un po’ sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.
Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora, ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.
Conosco delle barche che tornano in porto lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti.
Conosco delle barche straboccanti di sole, perché hanno condiviso anni meravigliosi.
Conosco delle barche che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti, perché hanno un cuore a misura di oceano.”
Jacques Brel
ohi Bab..che emozione leggerti e sentirsi così desiderosa di spiccare il volo come te. Ritrovare la stessa voglia di “prendermi cura di me come se fossi mia figlia”, incoraggiarmi a prendere in considerazione me stessa e le mie priorità. Viaggiare per guardare con occhi nuovi e un cuore rinnovato.
Grazie per questa bellissima testimonianza, per avercela trasmessa e avermi arricchita di amore ed entusiasmo!
Grazie a te bella donna dal naso e dai capelli rossi! Ti abbraccio forte forte.