Nelle città senza Mare… chissà a chi si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio… forse alla Luna…
Banana Yoshimoto
A volte capita che un’anima zingara non si concili molto bene con la vita lavorativa, sentimentale e mondana. Questo è il mio caso, come credo lo sia per molte altre persone.
No, non seguirà una sequela di scuse su come mi manchi il coraggio di mollare tutto e partire alla ventura. Molto semplicemente, questo coraggio – o forse è solo un’inclinazione – ancora non è in me così forte. Sono una zingarella felina: amo sì vagabondare, ma non disprezzo nemmeno il calore dei miei cuscini e gli odori familiari della mia casetta. Sono capace di sparire per giorni o anche mesi, ma poi mi piace tornare a spaparanzarmi nel mio letto con copertina, tisana, gatto sulla pancia e cuscino in memory foam d’ordinanza!
Cosa fare, quindi, quando l’anima gitana chiede attenzione, ma i tempi e i danari sono risicati?
La mia risposta, da qualche tempo, è intanto accettare con serenità che la grande avventura sia ancora lontana e, come seconda cosa, iniziare a cercare la bellezza e la libertà vicino a casa.

Che poi è un po’ il concetto di “zingarata” à la “Amici Miei”*. Partire senza un piano preciso, senza andare per forza agli antipodi, sapendo di tornare. E i danni, il Conte Mascetti e i suoi compari, li sapevano ben fare anche a pochi chilometri da casa!
Io i miei danni da vagabonda li vado spesso a combinare o in Piemonte o in Liguria. Prediligo il Piemonte nella stagione autunnale, che tinge le mie amate colline in una maniera così sublime che ti toglie il fiato, sfumando tutto con quella nebbia che ti abbraccia nella sua melancolia. Quando fa più caldo, invece, scelgo la Liguria e i suoi sentieri sul mare.
Il mare, in realtà, lo cerco sempre. Sono nata quasi ai piedi dell’Himalaya e cresciuta fra le vigne langarole, eppure cerco il mare. Lo cerco per trovare la pace, e non cerco un mare qualsiasi, ma il “mio” mare, quello ligure. Lui ti offre la tipica accoglienza della regione che bagna: borbotta un po’ con le sue onde, ti gela mortalmente il mignolo col freddo, si assicura che una pietra appuntita ti finisca dritta nel tallone. Però è il mio mare e lo amo come nessun altro, essendo l’amante che mi sono scelta. Nessun mare è come lui, nessun uomo è come lui – cosa di cui sono dolorosamente consapevole. Nel mio mare piango, rido, sguazzo come una bambina, mi arrabbio, rifletto, mi rilasso, mi sento bella, elegante, felice. Nel mio mare sono me stessa perché lui e solo lui mi accetta, mi accoglie in qualsiasi stato emotivo senza fare domande, mi perdona la goffaggine, il viso struccato, i capelli bagnati effetto alga che Disney, mannaggia, disegna un’Ariel normale che non crei false aspettative sulla chioma (e principi azzurri).

A volte cerco il mare in un incontro ravvicinato, tuffandomi nelle sue onde e lasciandomi cullare per ore. Altre volte, invece, lo ammiro da lontano, dall’alto di un qualche sentiero o promontorio. Perché quando ci si ama è anche bello guardarsi da lontano, sapendo che non ci si è persi.
Ed eccolo, il mio buon compromesso fra la Wanderlust** e i limiti pratici della vita di tutti i giorni: ricordarmi che la bellezza è anche dietro l’angolo.
La Liguria fortunatamente offre un’ampia scelta di percorsi di varia difficoltà che portano in posti ameni. Non lontano da Genova, ad esempio, troviamo la zona del Tigullio, con vari sentieri nel Parco di Portofino, un’oasi di tranquillità e scenari meravigliosi.
Da Genova si può scendere a Santa Margherita Ligure col treno e da lì raggiungere Paraggi in bus o Portofino in battello, per poi imboccare il sentiero.
Quella volta scelsi di partire da Portofino per raggiungere San Fruttuoso, che ospita la bellissima Abbazia, bene FAI (Fondo Ambiente Italiano). Il sentiero inizia con una salita bella ripida dietro la caserma dei Carabinieri, ma non bisogna scoraggiarsi, in realtà il sentiero è adatto anche per principianti e non servono scarpe specifiche (io indossavo le Converse…). Ci si trova subito in mezzo alla natura, in località San Sebastiano e poi in località Cappelletta. Poi il percorso si biforca, ma basta seguire l’indicazione coi due pallini rossi. Si può quindi fare una piccola deviazione vero la Baia degli Inglesi o se procedere direttamente verso la Base 0, punto panoramico perfetto, a circa 200 metri sul livello del mare. Da lì si inizia poi a scendere verso San Fruttuoso su un terreno un po’ ripido e irregolare. Una volta emersi dal labirinto di alberi si può già scorgere in lontananza l’abbazia, che si affaccia maestosa sull’insenatura.

Da San Fruttuoso si può quindi scegliere se proseguire in un itinerario ad anello che riporta a Portofino passando da località Molini e Paraggi, oppure ripercorrere al contrario l’itinerario da cui si è arrivati.
Quella volta, per una mera questione di tempistiche, scelsi la seconda opzione così da prendere l’ultimo battello utile per Santa Margherita ed evitare di elemosinare rifugio in uno dei panfili dei nababbi di Portofino!
Quando percorro questi sentieri, mi rendo conto di sentirmi sempre più felice e carica di energie a ogni passo. Dopo una salita ripida sono quasi euforica. Il cammino in solitaria è per me una sorta di meditazione, un fare il punto della situazione. È una forma di piccolo viaggio interiore alla quale non potrei mai rinunciare. La gita in solitaria rientra fra quelle piccole coccole improvvisate e accessibili, come il buttarsi in un cinema per lo spettacolo pomeridiano, scegliendosi accuratamente la fila deserta e lontana dalle altre tre anime in sala, o il regalarsi un calice di vino rosso seduta a un tavolino di una qualche piazzetta nascosta.

Questi sono per me i momenti di preparazione psicologica ai viaggi più lunghi e impegnativi.
Mi aiutano a iniziare una sorta di disintossicazione dall’ansia cittadina, sono quell’assaggio di sana solitudine che aprono lo stomaco a nuovi progetti viaggianti.
Quando mi confronto con persone scettiche o dubbiose verso i grandi viaggi in solitaria, spesso poi scopro che temono anche i piccoli momenti di solitudine. Forse è quindi questo il punto da cui partire, da un sentiero che ti cambia sempre un pochino, passo dopo passo, per portarti di fronte a una bellezza a cui non vorrai più rinunciare.
*Celebre film di Mario Monicelli del 1975
** parola di origine germanica che indica un forte desiderio (Lust) di vagare (wandern), viaggiare ed esplorare il mondo
Lascia un commento