Noble è la storia vera di Christina Noble, una donna irlandese che a un certo punto della sua vita decide di realizzare il sogno di una vita: andare in Vietnam a costruire un futuro per i bambini di strada.
Tutto ha inizio quando Christina è una bambina, nata negli Anni ’40 in una famiglia molto povera, e inizia ad aiutare economicamente i genitori esibendosi come baby-cantante in un locale di Dublino. Quando la madre muore Christina viene separata dai fratelli e dal padre e viene portata in orfanotrofio dove vivrà fino al compimento dei sedici anni.

Dopo una breve riapparizione del padre nella sua vita, Christina rimane di nuovo sola ma ancora determinata, arrangia una sorta di bivacco come casa in un parco e trova lavoro in una stireria. Qui conosce Joan, una ragazza che diventerà non solo la sua migliore amica ma anche un’ancora di salvezza nei momenti più bui.
Il film è un sussegursi di flashback che fanno luce sul vero motivo per cui Christina parte per il Vietnam: una sera stremata dopo il lavoro nel locale del violento marito italiano, vede alla TV le immagini della guerra del Vietnam. I bambini che scappano impauriti le lasciano un segno così profondo nell’anima che Christina non può far altro che desiderare con tutta se stessa di partire per aiutarli.
Nel 1989 Christina prende un volo senza ritorno per il Vietnam. Lì, lentamente e costruendo una rete di amicizie solide, riesce ad avviare quello che ha desiderato per tutti quegli anni: un rifugio sicuro per tutti i bambini orfani.
“I didn’t know why I had a dream about your country, a country I’d never been to. Today I had my answer.”
Nonostante una serie di vicende terribili, Noble non è un film triste, anzi. Si concentra tutto sulla forza e il carattere esplosivo di Christina che non si ha neanche il tempo di intristirsi, neanche quando ci si rende conto che si sta guardando una storia vera.
Ho guardato questo film senza molte aspettative, in realtà era parcheggiato nel mio computer da diverso tempo e non sapevo se dargli una chance o meno, è stato persino la seconda scelta di un sabato sera casalingo e sono stata contenta di sbagliarmi.
Ho provato a immedesimarmi per tutto il tempo in lei e nelle sue sensazioni. Il Vietman chiamava Christina e lei è andata, è partita senza sapere cosa avrebbe trovato, cosa avrebbe fatto ne se sarebbe riuscita a farlo, si è messa completamente in gioco in un ambiente per nulla famigliare, pieno di ostacoli e, se vogliamo, pericoli.
Questo non è solo uscire dalla “comfort zone”, è uscirne con classe.
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{Immagine di copertina tratta da IMDB}
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