
C’è chi viaggia per passione e chi per lavoro; alcune fortunate, anzi, meglio dire audaci, riescono a unire le due cose. Una di queste donne intraprendenti è Carolina Dellonte, autrice de “Il mio cuore a gravità zero”, un libro in cui racconta la sua lunga esperienza di pilota di aereo di linea.
Si tratta di un libro che è la narrazione di circa dieci anni passati a volare per i cieli, guardando dall’alto infiniti Paesi e le loro meraviglie e atterrando in numerosi aeroporti di città più o meno lontane, sempre con un profondo amore per il viaggio e per il suo lavoro. E’ il racconto di tanti incontri, con persone, animali, luoghi, lingue e culture, vissuti con emozioni calde e intense, emozioni al femminile.
Lei, pilota donna, si ritrova troppo spesso a fare i conti con questo binomio che per molti è quanto meno curioso, se non quasi inaccettabile ma continua imperterrita per la sua strada fino a che un evento doloroso non la porta a doverla cambiare e a reinventarsi un nuovo modo di intendere il suo presente e futuro.
Il mio cuore a gravità zero è un libro che fonde tanti temi cari a noi di Viaggio da sola perché e che per questo vi consiglio: si parla di viaggi, incontri e avventure, si parla di autodeterminazione femminile e della decisa volontà di seguire la propria strada, si parla, soprattutto, di emozioni al femminile.
Oggi Carolina, appassionata di viaggi in solitaria, risponde a delle domande per Viaggio da sola perché parlandoci del suo rapporto con il viaggio.
Un pilota donna, quanto è stato difficile vivere e affermarsi in un mondo professionale a maggioranza maschile?
Inizialmente non lo è stato. Ho iniziato questo lavoro senza pormi nessun problema sul fatto di essere l’unica donna in una compagnia di soli uomini. Sin da bambina andavo più d’accordo con i maschi che con le femmine perciò mi sentivo, ingenuamente, una di loro, capace di fare le stesse cose. I miei genitori mi hanno cresciuta senza nessuna forma di pregiudizio perciò ero serena. Le difficoltà le ho trovate però strada facendo, così nel tempo mi sono costruita delle strategie di difesa concentrandomi solo ed esclusivamente sul lavoro, che è stata per tanto tempo la mia salvezza emotiva. Un lavoro a cui davo il meglio di me stessa sempre. In fondo l’aeroplano non lo sa se è un uomo o una donna a pilotarlo! Me lo ripetevo tutti i giorni.

Viaggiare per lavoro ha mai guastato il tuo amore per i viaggi?
Al principio no, era un’ ottima scusa per viaggiare: non credo che avrei mai visto molti luoghi in cui sono stata se non fosse stato per il lavoro. Poi però negli anni i ritmi frenetici, la difficoltà nella vita privata e le problematiche organizzative che, causa crisi economica, ci portavano ad uno stile di vita sempre molto stressante, hanno un po’ cambiato la mia idea di viaggio e penso di essermi persa molte cose a livello di emozioni. Il viaggio va assaporato, pensato, amato… Fu uno dei motivi che poi mi aiutarono a cambiare vita.
Io il viaggio lo amo troppo per trattarlo male.
Ci racconti un aneddoto su un’esperienza di volo che ti ha toccata?
Un giorno atterrammo in un aeroporto un po’ sperduto nella ex Germania dell’est. Mi ritrovai a parlare con il signore che era responsabile dell’accoglienza dell’aereo dal punto di vista tecnico, una persona di una certa età. Aveva quella incredibile gentilezza e disponibilità tipica delle persone semplici, che hanno avuto una vita dura piena di sacrifici e in pochi minuti mi resi conto di quanto lo rendevo felice a fargli delle domande sul suo lavoro. Mi disse che aveva lavorato tutta la vita in quell’aeroporto e che non era mai stato da nessuna altra parte. Nel parlare del suo lavoro aveva gli occhi che gli brillavano e quando mi raccontò dei grandi aeroplani russi che passavano da lì, capii che per lui quegli aerei erano delle finestre su un mondo che non aveva mai visto, come forse lo era anche il mio. Mi lasciò una cartolina dell’aeroporto e mi commosse così tanto che mi dispiacque ripartire e lasciarlo lì da solo. Partii pensando a quanto ero fortunata, a quanto viaggiare sia in realtà una grande ricchezza non sempre concessa a tutti.
Ti va di dedicare alla comunità di Viaggio da sola perché una frase tratta dal tuo libro?
“Vivevo aspettando la fine della scuola per partire e andare in Finlandia, nella speranza di poterci andare in aereo e se non ci andavamo in aereo ma in treno o in macchina, pazienza, l’importante era partire!”
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